Diffamazione a mezzo Internet. Non vi è condanna se manca l’indirizzo

by Rosa Lorè in Parere Online, Senza categoria, Studio Legale Bari

Diffamazione a mezzo internet

Diffamazione a mazzo internet

Facebook oggi è indubbiamente il Social Network più utilizzato al mondo come eccellente strumento di comunicazione.

diffamazione a mezzo internet

Le statistiche giuridiche mostrano lo stesso oggi sia il luogo (virtuale) più ricorrente per la consumazione del reato di diffamazione.
Sono svariate le persone che ricorrono ai social network per esporre i propri pensieri o insulti nei confronti di qualcuno, maggiormente su questioni religiose o politiche, le cui espressioni alle volte sforano i limiti del rispetto del pensiero altrui.
Il c.d. fenomeno degli haters non è altro che un uso distorto e patologico di tali piattaforme con la diffusione di messaggi diffamatori e dunque, lesivi dell’onore, della reputazione e della dignità umana. Anche la pubblicazione di foto di amici in atteggiamenti imbarazzanti o qualche commento in più costituiscono reato.

diffamazione a mezzo internet

Data la diffusione di tali condotte, gli ermellini hanno statuito che gli elementi costitutivi del reato di diffamazione aggravata ex art. 595, III co. c.p. a mezzo Facebook sono:

1. la specifica individualità del destinatario delle manifestazioni offensive;
2. la comunicazione a più persone sulla scorta del carattere pubblico dello spazio virtuale e l’impossibilità di un suo controllo diffuso;
3. la coscienza e volontà di usare espressioni oggettivamente idonee ad arrecare offesa al decoro, onore e reputazione del soggetto passivo.

Di recente la Cassazione si è pronunciata sulla necessità dell’accertamento dell’Internet Protocol Address (c.d. indirizzo IP) (Cass. n.5352 del 5 febbraio 2018)

L’indirizzo IP consente di risalire con certezza al dispositivo o al PC (collegato alla rete informatica) utilizzato per pubblicare le dichiarazioni diffamatorie, ed indirettamente, di pervenire al titolare della linea telefonica associata al profilo Facebook.

La sentenza de qua chiarisce come, pur in presenza di indizi apparentemente convincenti e coincidenti in relazione all’individuazione di una persona quale autore del reato (nickname, dati anagrafici corrispondenti a quelli dell’imputato… …).  Requisito fondamentale per contestare il reato di diffamazione aggravata e giungere, quindi, ad una sentenza di condanna oltre ogni ragionevole dubbio, è quello di provare con certezza la riconducibilità del “post” offensivo della reputazione dei presunti responsabili; attività, tuttavia, resa possibile soltanto mediante la verifica dell’indirizzo IP.

Per visualizzare la sentenza clicca qui

 

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